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INTERVISTA CON JEFFREY VEEN

In occasione della conferenza "Intranet Stategy: la mossa del cavallo" organizzata da Webegg a Milano, abbiamo incontrato Jeffrey Veen, ospite e relatore della conferenza. A Jeffrey Veen abbiamo chiesto di parlare del suo approccio alla progettazione delle intranet.

(Pubblichiamo di seguito la versione integrale dell'intervista rilasciata da J. Veen e pubblicata su Internet News nel numero di Luglio-Agosto 2002.)


D. In base alla sua esperienza, è possibile individuare diverse tipologie di intranet a seconda della dimensione dell'azienda, del comparto industriale?

R. Non penso che i problemi siano diversi a seconda della realtà industriale dell'azienda, ma ritengo che cambi solo la scala di dimensioni: nelle organizzazioni più grosse i problemi sono solo più rilevanti. In generale sono sempre legati alla collaborazione e comunicazione. Anche il settore industriale non influisce sul modello delle intranet, anche se in effetti le aziende del ramo technology sono state le prime a sfruttare le infrastrutture per sviluppare la intranet.
Per quanto riguarda le differenze culturali, ritengo che le aziende che hanno sedi in più paesi debbano tenerne conto. Ad esempio, per WebMonkey abbiamo realizzato diverse homepage a seconda dei paesi (Giappone, USA etc), coinvolgendo visual designer delle diverse nazioni.


D. Quali modelli mentali vanno tenuti in considerazione nella progettazione della intranet (ad esempio modelli culturali, differenze di ruolo, gruppi, attività)? Che cosa fare in caso di progettazione di una intranet dopo una fusione di società?

R. I modelli mentali che prendiamo in considerazione si riferiscono al task (attività) e non al ruolo che le persone rivestono in azienda. Persone e ruoli infatti sono soggetti a cambiamenti. Per capire come vengono svolte le attività adottiamo la tecnica della contextual inquiry. Una persona sola del team di progettazione svolge l'intervista e l'osservazione diretta dell'utente, ma non appena possibile tutto viene anche videoregistrato. In questo modo è possibile coinvolgere anche gli altri membri del team nella trascrizione delle registrazioni e nell'analisi dei dati. Nelle trascrizioni inseriamo tutti i dettagli che ci possono aiutare a progettare specifiche funzionalità, come ad esempio quali parole sono sottolineate su un catalogo cartaceo. Per quanto riguarda l'analisi, il team procedere con la decostruzione dell'attività in piccoli segmenti. Sulla parete della stanza si appiccicano tanti post-it che corrispondono ai segmenti o subtask. Cambiando la loro posizione si lavora sulla creazione di nuove gerarchie e di una nuova organizzazione.


D. Cosa ne pensa dell'utilizzo di metafore?

R. Alcune metafore sono state molto utili e molto chiare, come quella del carrello. Tuttavia, a volte è difficile trovare metafore chiare e semplici per azioni molto complesse. Spesso infatti rischiano di essere limitative e poco chiare, e difficili da sviluppare visivamente per le limitazioni spaziali dello schermo.


D. Ritiene che ci sia differenza tra la progettazione di una intranet e di un sito web?

R. In realtà ci sono differenze, che però non dovrebbero esistere in quanto il tipo di approccio e il processo sono gli stessi. L'unica differenza è che gli utenti di una intranet sono conosciuti, e dovrebbe essere più semplice raccogliere opinioni o verificare ipotesi di design. Credo che le migliori soluzioni realizzate per il web, come ad esempio motori di ricerca o form, vanno prese in considerazione anche nello sviluppo delle intranet.


D. Per approfondire il tema della metodologia di lavoro, ci può dare maggiori indicazioni sul processo e sugli step da seguire per una intranet? Utilizzate la tecnica del contextual design?

R. Il processo utilizzato in Adaptivepath è diverso da quello di altre società. Abbiamo scelto questo nome (adaptive path = percorso adattivo) perchè per ogni progetto cerchiamo un approccio diverso e nuove soluzioni.
Per quanto riguarda gli step, penso che fondamentale sia creare un un inventario dei contenuti con i loro attributi (autore, soggetto, data di creazione etc). Sappiamo che le intranet diventano spesso dei contenitori in cui si trovano un numero elevato di informazioni difficili da trovare. L'analisi degli attributi aiuta a definire quali di questi possono diventare entry point, cioè punti di accesso alle informazioni.


D. Negli USA probabilmente le aziende richiedono più attività di riprogettazione piuttosto che di realizzazione ex-novo delle intranet. Cosa pensa a riguardo?

R. Non penso che in generale alle persone piacciano i redesign sia dei siti web che delle intranet. Ricordo il caso di Ebay, in cui per cambiare lo sfondo della pagina da giallo a bianco abbiamo dovuto schiarire lo sfondo progressivamente fino ad arrivare al bianco. Ma è impossibile pensare di impiegare così tanto tempo per ogni modifica. Ovviamente in alcuni casi, ad esempio dopo una fusione, il redesign è inevitabile. In questo caso vanno mantenuti gli elementi migliori delle intranet precedenti, e bisogna procedere con test ripetuti. Lavorando sulle intranet i test possono iniziare immediatamente, anche su prototipi di carta, non appena concepita la navigazione o abbozzata l'interfaccia.


D. A che punto è negli USA la ricerca e l'integrazione con le nuove tecnologie o device come umts o mobile?

R. Negli USA sono molto cauti nell'integrazione delle nuove tecnologie. Non esistono ancora standard, le applicazioni ancora non sono stabili e ci sono probemi di connessione. Ad esempio per le intranet io penso che si possano utilizzare nuovi device solo per attività semplici, come la sincronizzazione dell'agenda.
Per quanto riguarda lo sviluppo di interfacce per i nuovi device, è indispensabile utilizzare la tecnica del contextual design. I device sono sempre utilizzati in movimento, o mentre si fanno altre cose, e ciò non è riproducibile durante un test in un laboratorio di usabilità.


D. Come è nato Adaptive Path? Come avete sviluppato l'idea di business?

R. Abbiamo iniziato circa un anno fa, con alcuni partners. All'inizio eravamo organizzati come una società virtuale e solo di recente abbiamo una sede fisica. Offriamo alle aziende specifici servizi di consulenza e di progettazione della user experience. Tra i nostri clienti abbiamo aziende come Macromedia, Intel, National Public Radio, Lycos e Peoplesoft e anche startup. Facciamo consulenza specializzata e per sviluppare ad esempio il visual design selezioniamo le agenzie che secondo noi sono più adatte al tipo di progetto. In altri casi forniamo solo un servizio di mentoring per sviluppare all'interno dell'azienda competenze di user experience. Attualmente è in corso una serie di conferenze e workshop in tutti gli USA, ma siamo molto interessati anche a lavorare in paesi europei come l'Inghilterra, la Germania e l'Italia.


Jeffrey Veen è stato Executive Interface Director per HotWired e per il motore di ricerca di HotBot, per WiredNews e per altri siti molto noti. E' specializzato nell'integrazione di contenuti, graphic design e tecnologia dal punto di vista user-centered. Pubblica su Webmonkey ed è autore di "The Art & Science of web design" e "HotWired Style: Principles for building smart web sites".